lunedì 11 aprile 2011

Ciotole

Ciotole adattative

La speciazione, l'origine di una nuova specie, almeno prima che S.J.Gould puntasse il dito su dati già noti ma un po' snobbati, era vista perlopiù come un evento gradualistico. Diciamo che l'esempio standard, introiettato quasi a livello subliminale, era quello del cavallo. Da Hyracotherium, 40 centimetri di altezza e quattro dita, a Mesohippus, tre dita e 60 centimetri, a Merychippus, sempre tre dita ma un metro, a Pliohippus, uno e venticinque e un dito solo, a, finalmente, Equus, col suo bel metro e sessanta e il ditone. Una sequenza graduale durata cinquanta milioni di anni, durante la quale la stessa linea evolutiva si perfeziona man mano, come un frassino che cresca nel fitto, con qualche rametto qui e là, ammettiamolo, ma il tronco dritto come una sarissa macedone, con Hyracotherium alla base e Equus facente funzione di gemma apicale.

Ma la natura birbona, sotto forma di evidenze paleontologiche innegabili, ha portato a modificare leggermente il punto di vista. Voglio dire, io non sono un fanatico degli anelli mancanti (per ogni anello mancante trovato se ne creano due adiacenti, e non si può certo pretendere una perfetta e puntuale continuità nei record fossili). Il fatto pero' che la specie successiva compaia quasi sempre di punto in bianco, già bella e definita, qualche dubbio lo lascia.
Perciò si è optato (Mayr, se non sbaglio) per una soluzione più adeguata ai fatti osservati. La versione modificata dice che la popolazione originaria si è trovata ad essere divisa in due da qualche evento (perlopiù geologico). In seguito alla separazione fisica una delle due popolazioni è gradualmente cambiata, vuoi per deriva genetica vuoi per adattamento ad un ambiente diverso (abitualmente, e dispettosamente, senza lasciare fossili). Ad un certo punto poi il limite fisico/geografico è scomparso e le due popolazioni si sono riunite, ma ormai erano troppo diverse per essere interfeconde. In pratica, sono diventate due specie diverse.
 Gradualismo, pur sempre gradualismo, ma condito da un episodio di allopatria.

Lo so, lo so, sto creando un semplicistico fantoccio di paglia per poi infilarci quante frecce voglio. In realtà sono molti i modi di speciazione che vengono presi in considerazione, e non tutti sono gradualistici. Ad esempio la speciazione per ibridazione o quella per poliploidia possono avvenire anche nel lasso una sola generazione, e quindi tutt'altro che gradualmente. E lo stesso Dawkins, che propende per il gradualismo, sottolinea però che è da intendere in senso geologico, a bassa risoluzione, come dire. Per usare il suo esempio, il fatto che l'esodo degli ebrei dall'Egitto alla Palestina sia durato quarant'anni non significa che gli ebrei spostassero le tende di (boh, non ricordo) cinque centimetri al giorno. Possono essersi fermati tre mesi in un posto, e poi cinque anni in un altro, e così via. Sempre gradualismo, certo, ma in versione più moderata.

Il punto è, però, che in assenza di forti evidenze che, caso per caso, lo neghino, il modello gradualistico (in allopatria o in simpatria) è considerato come assodato, nè viene in mente di discuterlo. E' qualcosa di sottinteso, come il colore di un mandarino, che viene specificato solo se non è arancione. In questo (non solo, ma anche) contesto Wright propone il concetto di Wright di paesaggio adattativo e di picchi adattativi.

Wright ha visualizzato il processo evolutivo come un paesaggio formato da picchi separati da valli, più o meno profonde. Sul colmo di ogni picco la fitness media (di una popolazione, di una specie, di un qualunque clade) è alta, mentre scendendo nella valle essa diminuisce. E' solo una rappresentazione visiva, ovviamente, ma piuttosto suggestiva.
Ora, i picchi si muovono. Si muovono nel senso che essi rappresentano l’ambiente, il contesto in cui una parte della popolazione ha fitness maggiore di un’altra, e l’ambiente, il contesto, si modificano nel tempo.
La conseguenza è che la parte di popolazione che stava su quella che prima era la vetta adesso si trova un po' più a valle, e gli individui ora in vetta acquisiscono maggiore fitness. Quindi la specie (la popolazione) evolve.
Immaginiamoci una tartaruga sotto un lenzuolo, e una popolazione di esserini che vive sopra il lenzuolo. Chi si trova ad essere proprio in corrispondenza del colmo del dorso della tartaruga farà più figli degli altri. Ma la tartaruga cammina, piano piano, sollevando gli individui che prima erano un po’ più a valle e lasciando indietro quelli che prima erano in vetta. Ora sono altri, quelli che fanno più figli, e magari sono un pochino diversi dai precedenti.

Visto che la fitness è maggiore sulle vette e minore nelle valli, niente può passare da una vetta all'altra. Infatti qualunque linea filetica che si avventurasse nella traversata dovrebbe spingersi verso valle, e quindi avrebbe  meno discendenti sia della popolazione della vetta di partenza sia di quella della vetta d'arrivo, cioè, in altri termini, gli alleli per andare verso valle non potrebbero diffondersi nella popolazione.
Spostarsi verso valle costa in termini di fitness, rimanere sulla vetta paga in termini di fitness. L'unica cosa possibile è seguire il graduale spostarsi del picco, oppure estinguersi. Di nuovo il gradualismo, implicito e inevitabile.

(Verrebbe da chiedersi il perchè di questa entusiastica preferenza per il gradualismo. Il motivo è essenzialmente storico, ed emblematico dell'inerzia che pervade, spesso a livello inconscio, il pensiero scientifico, anche a dispetto dei dati. Prima di Darwin prevaleva il cosiddetto catastrofismo, sintetizzabile in una serie di diluvi universali e successive creazioni divine ex novo. Questo perchè i dati paleontologici cominciavano a presentare evidenze troppo contrastanti con l'ipotesi di un'unica creazione, e in qualche modo si doveva pure sfangarsela. Fu un mentore di Darwin, un geologo, Lyell, a concepire il gradualismo per spiegare determinate formazioni geologiche, e Darwin lo incorporò nella sua teoria. Da allora in poi il catastrofismo è diventato una specie di bestemmia in campo evolutivo, all'inizio con buone ragioni, in seguito come preconcetto spesso nemmeno coscientemente percepito. Ad esempio di ciò basti ricordare come, anche in tempi recenti, il mondo scientifico ha accolto la teoria degli Alvarez (estinzione dei dinosauri causa meteorite = catastrofismo): anche a fronte di dati verosimili e verificabili, la plausibilità, almeno in un primo momento, è dovuta soccombere all'indignazione. Nessuno ha gridato "Sacrilegio!", ma il tono era quello. Sfortunatamente la scienza è fatta dagli uomini, ma fortunatamente è un metodo e non un dogma, quindi adesso la teoria è generalmente accettata.)

Bene, a me non piacciono i picchi adattativi. Non mi piace il concetto. Con questo non voglio negare la possibilità di un adattamento graduale, da parte di una popolazione, ad un mutare graduale delle condizioni di contorno, ad una passeggiata della tartaruga sotto il lenzuolo. E’ possibile, certo. Ma, secondo me, come caso particolare, come eccezione, non come regola. La regola, per come la vedo io, è esemplificata dal concetto, piuttosto, di ciotola adattativa, che introdurrò più sotto.

Come Gould ha fatto notare (non necessariamente scoperto, perchè in molti casi erano dati già noti) le specie tendono a rimanere all'incirca uguali a se stesse per lunghi, anche lunghissimi periodi di tempo, per poi cambiare improvvisamente. Ha riportato anche esempi da manuale, serie praticamente continue nel tempo in giacimenti insoliti ma persuasivi, a sostegno di quella che lui ha chiamato la teoria degli equilibri punteggiati. Con tutta la stima che ho per Gould, non concordo affatto con le conclusioni ultime che lui ha tratto da questi dati, ma i dati stessi sono innegabili. E dicono che il gradualismo è semmai l'eccezione, non certo la regola. Nè mi pare un fatto sorprendente.

Mi rifarei qui all'ultima frase del post "Le specie egoiste". Gli alleli all'interno di una popolazione sono in competizione fra loro, e perciò le frequenze alleliche mutano, o meglio fluttuano, nel tempo. Ma l'ambiente primario che determina il successo o l'insuccesso di un allele sono gli alleli degli altri geni. Per fare un esempio stupido, se il tuo metabolismo è più veloce resisterai meglio al freddo, ma dovrai mangiare di più, il che implica maggior tempo esposto a predazione. Se i tuoi muscoli rispondono in modo eccezionale allo scatto breve, ne soffrirà il sistema circolatorio e si allungheranno i tempi di recupero. Se aumenti il numero di uova per covata il tuo metabolismo del calcio ne soffrirà, così come anche aumenterà il tempo di foraggiamento a nido incustodito. Sono esempi semplicistici, ma quello che intendo è che ogni carattere fenotipico di un individuo è un compromesso con tutti gli altri, una via di mezzo non ottimale per nessuno dei caratteri, ma il meglio che si possa ottenere dall'insieme. Migliorando una funzione ne peggiorerai delle altre, magari tutte, ma in ogni caso non sarai più efficiente di chi si tiene in bilancia con attenzione.
Ogni carattere di un individuo, ottimizzando la propria espressione, limita l’ottimizzazione dell’espressione degli altri caratteri, e ne viene a sua volta limitato. Potrei chiamarla aurea mediocritas, ma preferisco parlare di ciotole adattative perché mi pare che il termine “ciotola” renda visivamente il concetto.
Ciotole adattative, dunque.
Una volta ottenuto il compromesso fenotipicamente funzionale, sei sul fondo della ciotola, e da lì non ti puoi muovere. Ricordiamo, non puoi migliorare niente senza peggiorare qualcosa d’altro (di solito). Ogni tentativo di scalata fino al bordo della ciotola in una direzione implica una forza nella direzione opposta che ti fa rotolare di nuovo sul fondo. Solo sul fondo i tuoi alleli collaborano nella maniera ottimale per produrre copie di se stessi, e quindi, di fatto, per mantenerti sul fondo.
 Per uscire dalla ciotola dovresti scalarla contemporaneamente in tutte le direzioni, e stiamo parlando di una serie di mutazioni contemporanee e tutte compatibili (il che è virtualmente impossibile), o di una macromutazione che sconvolga tutto e riordini così radicalmente gli equilibri da farti uscire con un solo balzo (le macromutazioni sono seconde solo al catastrofismo, come bestemmia evoluzionistica, e comunque io le ritengo così singolarmente improbabili da non prenderle neppure in considerazione).

In buona sostanza, gli organismi rimangono uguali a se stessi per lunghi periodi di tempo perchè qualunque mutazione che comporti effetti fenotipici viene abrogata, per referendum, da tutta la comunità degli altri geni.
La differenza fra i picchi adattativi separati dalle valli e la mia tavolata di ciotole consiste essenzialmente nel fatto che i picchi sono un paesaggio ecologico, le ciotole sono un paesaggio allelico. Wright implica (nei due sensi del termine) una variabilità allelica che si possa muovere nella stessa direzione del picco, in risposta ad un ambiente esterno che viene inteso come separato e diverso dall’ambiente interno del pool genico. Una visione della specie in lotta contro il mondo e le altre specie.
Le mie ciotole raccontano una storia diversa. Raccontano di alleli ciechi e interdipendenti, che hanno trovato un improbabile equilibrio fra loro. Raccontano dell’estrema difficoltà che ventimila alla quinta (o giù di lì) alleli possano trovare una combinazione/frequenza alternativa che consenta al fenotipo di spostarsi in una direzione sola, quella verso cui si dirige la tartaruga, e funzionare lo stesso. Raccontano di lunghissime sequenze di tempo in cui i fossili di una linea filetica rimangono centrati sul fondo della ciotola, come un governo retto da un parlamento composto da due soli partiti in perfetta parità, dove ogni proposta dell’uno viene bocciata dall’altro. Qualche leggina ininfluente verrà approvata, qualche cambiamento, magari reversibile, avverrà, ma niente di radicale, niente di graduale. Raccontano di un cuscinetto a sfera che, per quanto tu scuota la ciotola, per quanto l’ambiente la faccia oscillare col dito, tornerà sempre sul fondo.
Io non credo che le popolazioni possano, di solito, inseguire i mutamenti del contesto. Credo che debbano rimanere fedeli all’improbabile coalizione dei propri geni e alleli, a costo di estinguersi.
Eppure, spesso d’improvviso, dopo lunghissime stasi, speciano, di botto.

Ma allora, come avvengono le speciazioni? Alla prossima puntata, sono stato fin troppo prolisso, per oggi.
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